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— Интересны ли вам те люди, которые сегодня пытаются рулить страной? Появится ли когда-нибудь «Чапаев и Пустота-2», главным героем которой станет один из нынешних силовых министров?
— Вы знаете, мне кажется, что нет более страшного бедствия для страны, чем интересный человек у власти. Страной должны управлять серые чиновники-роботы без особого воображения или вообще посредственности, умеющие только исполнять законы и инструкции, — вот тогда в народе будут расцветать таланты. Мне вообще непонятно, зачем стране руль, когда это просто неподвижная территория, где пытаются выжить люди. Все беды от того, что этот руль где-то есть и его кто-то постоянно вертит. Надо ночью собраться всем вместе и отпилить его навсегда — вот тогда будем нормально жить… А когда у этого руля вдобавок встают яркие личности, вообще надо рыть бомбоубежище — этому учит история. Поэтому мне хочется верить, что все нынешние силовые министры — серые и малоинициативные люди. Но вот для книги неинтересный герой плох. Так что «ЧиП-2» будет о ком-нибудь другом.
Источник — http://gazeta.aif.ru/_/online/aif/1195/16_01
Viktor Pelevin
1 августа 2003. Giulia Mozzato, wuz.it. На итальянском языке
L’ultimo suo libro pubblicato in Italia risale al 2002, ma Viktor Pelevin non è certo un autore «dimenticato» dai lettori italiani, che lo amano molto. Un suggerimento per l’estate potrebbe essere proprio quello di leggere (o rileggere) i suoi romanzi e i racconti. E chi non lo conoscesse potrà trovare in queste breve intervista qualche notizia in più sulla sua personalità e sul suo lavoro, inevitabilmente collegato alla realtà russa contemporanea.
— Com’è diventato scrittore? E perché nella sua opera narrativa si trova spesso una vena polemica?
— Avevo bisogno di trovare un lavoro e mi piaceva scrivere, starmene in solitudine e pensare all’uomo: per questo sono diventato scrittore. Per quanto riguarda il mio essere polemico devo dire che una storia si può scrivere da tanti punti di vista. Non mi ritengo particolarmente polemico, ogni lettore dà una sua interpretazione delmio personaggio: c’è chi dice che sono un mistico, chi dice che sono satirico, chi polemico; io penso soltanto che scrivo quello che scrivo senza voler dimostrare niente a nessuno.
Vorrei a proposito citare una vecchia favola orientale, secondo cui tre ciechi toccano un elefante per capire come è fatto. Quello che lo tocca sulla gamba, crede che l’elefante sia più o meno come una colonna, qualcosa di grosso e verticale. Chi lo tocca sulla coda pensa che sia soffice e lungo, chi lo tocca sull’orecchio crede che sia un grosso ventaglio. Per quanto riguarda me, si può dire la stessa cosa, ognuno può prendermi dal lato che preferisce.
— In quale contesto socio-politico e culturale sono nati i suoi romanzi?
— Ogni mio libro è stato scritto in una situazione completamente diversa perché laRussiaè in una fase di cambiamento continuo. Non è possibile rispondere in modo generale a una domanda come questa. Però potrei dire che più ancora che dell’ambiente esterno credo che i miei romanzi siano stati influenzati dall’ambiente «interno», dalle sensazioni e dai sentimenti. Io non mi occupo molto della situazione esterna, la utilizzo soprattutto come ambientazione scenica…
— Entrando nel dettaglio, potrebbe raccontarci i momenti personali che hanno segnato la nascita dei suoi romanzi più celebri?
— Il mio primo romanzo, Omon Ra è stato scritto proprio nell’ultimissimo periodo dell’esistenza dell’Unione Sovietica ed è stato una testimonianza della fine di questo paese. Ho terminato l’ultima paginadelmio romanzo il giorno stessodeltentato colpo di statodel’91… una situazione piuttosto «buffa» perché involontariamente ho scritto l’ultimo romanzo sovietico. Appena ho finito l’ultima pagina, nel momento in cui mettevo l’ultimo punto, l’Unione Sovietica si è sgretolata, non è esistita più. Il mio secondo romanzo La vita degli insetti, invece, è stato scritto durante il primo periodo dell’epoca di Eltsin, un periodo di cambiamenti continui, quotidiani. Un periodo di transizione in cui nessuno sapeva se vivevamo in una società capitalista o altro; per questo motivo il romanzo credo che abbia assunto caratteristiche piuttosto strane: la gente non era più come prima ma non sapeva neanche che cos’era e cosa sarebbe diventata. Passiamo poi al Mignolo di Budda che ho scritto in epoca di Eltsin già più avanzata, un momento che viene definito «periodo romantico»… Un’epoca molto simile allaChicagodegli anni Trenta, segnata dai gangster ma anche da un’atmosfera piuttosto romantica. Poi inRussiaè subentrata una nuova epoca, di maggiore democratizzazione, se vogliamo, e in questo periodo ho scritto Babilon, il mio ultimo romanzo.
— Come si svolge il suo lavoro? E la sua scrittura è sofferta, faticosa?
— In generale non ho delle regole fisse; dipende molto dal tipo di testo, da che fisionomia assume. In certi momenti faccio pause piuttosto lunghe, in altri invece scrivo moltissimo. In generale mi piace sedermi al computer e poi lavorare di volta in volta sulla partedeltesto che mi viene voglia di elaborare in quel momento. Di solito mi sveglio la mattina presto e quando mi metto al computer lavoro istintivamente su alcuni passaggi piuttosto che altri, ma effettivamente non so quali emanazioni o quali motivi mi spingano a scegliere. Per rispondere sulla sofferenza, ebbene sì, io soffro mentre scrivo.
— Nei suoi romanzi si dice che ci sia una sorta di «sottotesto» fruibile quasi esclusivamente dai russi. Che cosa i lettori stranieri potrebbero non cogliere di questa parte della sua scrittura?
— Quando leggo gli articoli di critica letteraria inRussia, noto che nei miei testi si «scoprono» allusioni alle quali io stesso non avevo mai pensato… Per quanto riguarda i lettori stranieri penso che ognuno abbia una propria interpretazione, ma è giusto così.
— Lei dedica una grande parte della sua opera alla classe media, più esattamente, forse, alla «memoria» della classe media. Che ne è stato di questa realtà?
— La